A ridosso dellappuntamento mondiale con la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, che si celebra domenica 16 ottobre, il Wwf torna a denunciare le responsabilità dellagricoltura mondiale sulle emissioni dei gas serra. Responsabile del cambiamento climatico, con il 35% delle emissioni di anidride carbonica, metano e protossido di azoto, solo lallevamento zootecnico produce il 18% dei gas serra. Allindice anche la produzione di cibo che, di fatto, divora il 38% dei territori e il 70% dellacqua consumata. Come spiega il Wwf, è quanto mai prioritario ridurre drasticamente tali impatti negativi per un’”agricoltura alleata della natura, garantendo allo stesso tempo nutrimento alla popolazione della Terra che è in continua crescita, soprattutto alla luce di una proiezione che calcola la crescita dagli attuali oltre 7,3 miliardi, secondo lOnu, ai 9,7 miliardi previsti per il 2050. “Lobiettivo che il mondo si deve dare è quello di creare sistemi alimentari fortemente integrati con la vitalità dei sistemi naturali e della biodiversità e che producano cibo con il minor danno per lambiente e il clima. Pensiamo all’agricoltura come opportunità e non come minaccia dell’ambiente, come sino ad oggi è avvenuto”, spiega la presidente del wwf Italia, dichiara Donatella Bianchi. Che poi, se da un lato contribuisce al riscaldamento globale, proprio dalle drammatiche conseguenze che solleva, è la stessa agricoltura che finisce poi per pagarne gli effetti. E seguendo questa assurdo meccanismo, basti pensare che la maggior parte delle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo si guadagna da vivere grazie allagricoltura, e dunque un clima più instabile finisce inevitabilmente per danneggiare gravemente sia gli approvvigionamenti di cibo sia lo sviluppo sociale ed economico di molte zone della Terra. Attraverso il continuo ed attento monitoraggio della modificazione e trasformazione dei sistemi naturali dovuta alla pressione umana, visibile dai sofisticati satelliti dedicati alla Human Footprint, ci si è resi conto che ben il 75% della superficie delle terre emerse è popolato da esseri umani. Ebbene, se si escludono Groenlandia e Antartide, se ne evince che coltiviamo appena il 38% delle terre emerse, oltre 60 volte quella occupate invece da strade ed edifici. In tutto questo, con quella bovina in testa, è la zootecnia, a causare i danni maggiori. In particolare, la produzione di carne e derivati, rappresenta da sola circa un quinto delle emissioni globali di gas serra. E stato calcolato infatti che una singola mucca ( in virtù della popolazione microbica presente nel rumine), può produrre dai 100 ai 500 litri di metano al giorno. Metano che, è bene ricordarlo, è oltre 20 volte più potente dellanidride carbonica come determinante delleffetto serra. Segue poi la produzione dei mangimi e dei nuovi pascoli, responsabili di impatti gravissimi sulla deforestazione (in America Latina il 70 % della Foresta Amazzonica è stata trasformata in pascoli). Ad oggi l’agricoltura (con numeri riferibili allultima era glaciale vissuta dal pianeta), ha già in qualche modo contribuito a distruggere o trasformare radicalmente il 70% dei pascoli, il 50% delle savane, il 45% delle foreste decidue temperate e il 25% delle foreste tropicali. La produzione di cibo influisce sulla CO2 atmosferica sia indirettamente per via delluso di combustibili fossili per le attività agricole, il trasporto o la refrigerazione degli alimenti, sia tramite la deforestazione spesso indotta dalle espansioni delle coltivazioni.
M.